Isabella e Lorenzo: capitolo 10

L’amore per il sapere ed essere donna all’epoca di Isabella non erano due cose conciliabili. “Isabella e Lorenzo” è la storia di una ragazza vissuta nel 1300 che riuscì a sconvolgere ogni equilibrio, infrangendo regole e cuori.

di Francesca Bonazzi


Capitolo 10

Operazione libertà


Per riuscire nell’intento di riportare a Bologna Isabella ero ospite ormai da giorni del monastero. Mi avevano fatto alloggiare al piano nobile, che un po’ mi ricordava casa mia quando c’era ancora mia madre che ci teneva che tutto fosse al proprio posto. Era lei stessa che voleva dare ad ogni suppellettile, ogni quadro e qualsiasi oggetto – anche il più insignificante – il suo posto. Mi ricordo ancora le litigate con mio padre a riguardo: lui le implorava di lasciare questo compito alle domestiche e lei non ne voleva sentire ragioni e continuò fino a quando… fino a quando non diventò troppo debole per fare qualsiasi cosa, anche sorridere. C’era qualcosa di casa in questo posto, nei corridoi immensi e nei colori rosso e oro che dominavano gli spazi. Ma a differenza di quel luogo che io chiamavo casa, qui si respirava un clima molto più graffiante e sospetto. Stranamente, il Cardinale era così gentile nei miei riguardi: ero considerato un ospite d’eccezione e per il momento mi andava più che bene per non far saltare la copertura. Dovevo solo riuscire a parlare con Teresa in modo da arrivare ad Isabella.

Ero sola a Bologna, o meglio, ero in mezzo alla gente continuamente ma mi sentivo tremendamente sola. La locanda senza Isabella non era più la stessa, non sapevo se stesse bene, cosa facesse e se a me un po’ ci pensasse. Nella mia infelice vita non avevo mai avuto una vera amica, tutte le “amiche” che avevo incontrato durante la mia fanciullezza si erano rivelate sadiche e senza cuore. Ero stata usata come se fossi un giullare, come se in qualche modo il mio stato sociale fosse una scusa per farsi beffe di me. Ed io, piuttosto che essere derisa, avevo preferito abbandonare quell’ambiente. Da ragazzina ero diventata amica di Agata, figlia di un nobile trasferitosi a Bologna dopo la scomparsa della madre, avendo ereditato così la casa di famiglia. Il Conte della Gherardesca aveva vissuto diverso tempo all’estero, più precisamente in Inghilterra. Il suo è stato un trasferimento compiuto per amore. Lady Margareth, lontana parente della corona britannica ed il Conte, durante il periodo inglese, ebbero due discendenti: Arthur e Agata Warwick della Gherardesca. Io conobbi Agata poco dopo il loro trasferimento a Bologna. La storia ha dell’incredibile, come io – Rebecca, senza nessun seguito di titoli e di origini così umili – possa essere diventata amica di una Contessina. E di come poi si sia rovinato tutto. Io con Isabella ho in comune anche questo: andare alla caccia di guai, o peggio, crearmeli da sola. La storia che mi collega ai Warwick è assai arzigogolata e questa non credo sia la sede per raccontarla. Ma di certo un mio stupido errore mi costò caro, più del dovuto. Non credo di aver peccato così tanto da essermi meritata quello che è successo dopo. In fondo, al cuore non si comanda. Tornando ad Isabella: dopo la sua sparizione, o potremmo dire rapimento da parte dei “potenti”, le mie giornate perdevano di significato. Era tutto così monotono senza un po’ della sua follia.

Erano giorni che mi penavo per Leonardo, non sapevo più dove sbattere la testa. Era vivo? Se sì, stava bene? Era diventato un ostaggio? Chissà se Teresa aveva avuto modo di parlargli o di accertarsi solamente che stesse bene. Non potevo fare nulla e non avevo neanche le forze per farlo, ero stanca. 

Una sera venne a trovarmi Teresa, dopo un po’ che non veniva, visto che la madre superiora le aveva vietato di vedermi essendosi insospettita. Era una sera tempestosa: la pioggia scorreva sui vetri della mia finestra, i tuoni non mi facevano più paura, anzi in quel frangente mi facevano quasi compagnia. Dopo tante desolate sere, vidi finalmente il volto amico di Teresa portarmi la cena.

– “Isabella come stai?”, esordì Teresa.
– “Come devo stare?! Sono sfinita, non ne posso più! La vita con me non è stata generosa, è stata sadica perché mi ha dato tutto quello che sognavo da anni e poi mi ha tolto tutto”.
– “Oh, Isabella suvvia non dire così, porto buone notizie”.
– “Ovvero?”.
– “Leonardo sta bene, è tenuto come ospite speciale, si sta occupando di lui direttamente il cardinale Malatesta”.

Tirai un sospiro di sollievo, ma non così lungo perché comunque quando c’era di mezzo il cardinale c’era da aspettarsi di tutto. Ero più rilassata dopo aver udito che Leonardo stesse bene, ma qualcosa nel profondo della mia anima mi tormentava, avevo la sensazione, e non mi sbagliavo affatto, che sarebbe crollato tutto come un castello di carta. 

L’indomani mi svegliai sentendo cinguettare degli uccellini e con il sole che mi accarezzava il viso con i suoi raggi caldi. Sembrava l’inizio della miglior fiaba, ma ogni fiaba che si rispetti, dopo l’esordio idilliaco iniziale, ha un cattivo da sconfiggere. Io sapevo perfettamente di chi si trattasse. Era giunto il momento di partire all’avventura, di agire. Dovevo essere l’eroina della mia stessa favola, ero io che dovevo prendere in mano la situazione, dovevo salvare sia me stessa che il mio principe. Infondo, ero io che conoscevo i segreti del “castello” e dei suoi abitanti. Dovevo iniziare uscendo da questa stanza e poi mi sarei occupata dei fratelli Malatesta. Quando fu il momento della colazione, visto che eravamo state abbastanza discrete la sera prima, mi concessero di rivedere Teresa, così riuscimmo a programmare la mia fuga. Avevo bisogno solo di un altro aiutante: qualcuno che doveva venirci a prendere, qualcuno di cui mi potevo fidare e qualcuno che non avesse paura di rischiare. Rebecca faceva proprio al caso nostro. 

Teresa chiese di andare al mercato a Bologna, facendosi accompagnare in carrozza. Doveva arrivare alla locanda, spiegare a Rebecca la situazione, dopodiché Rebecca doveva recarsi in università, chiedere di Orsini – sperando non fosse ancora arrabbiato con me – e convincerlo a venire al monastero. Tramite la sua autorità, dovevano dire che Leonardo doveva recarsi urgentemente a casa sua. Dopodiché avrebbero preparato una carrozza per lui e Orsini, e io mi sarei nascosta nella carrozza, tanto non mi era nuova come pratica. Così saremmo arrivati a Bologna e avremmo visto più chiaro sulla faccenda legata all’omicidio e all’arresto del rettore.

Era tutto perfetto, il piano doveva solo essere messo in atto.

– “Mi scusi cardinale, in dispensa mancano il grano e le uova, ma quelle di buona qualità si trovano solo al mercato di Bologna, non è che lei potrebbe gentilmente procurarmi una carrozza, così poi io mi possa recare lì?”, chiese timidamente Teresa al cardinale.
– “Teresa cara, non c’è problema la accompagnerò personalmente con la mia carrozza”.
– “Oh non volevo recarle così disturbo, se vuole posso procedere da sola”.
– “Non mi disturba affatto, apprezzo che lei si preoccupi così tanto della nostra mensa, tanto devo recarmi anch’io a Bologna quest’oggi, per affari che ho rimandato troppo lungo”.
– “Ringrazio infinitamente, aspetto sue notizie sull’orario di partenza”.

Teresa poi con una scusa corse a riferirmi tutto, non ci facemmo intimidire dalla presenza del cardinale durante il viaggio. Avevamo previsto anche quello, non era un problema, apparentemente.
Dopo il pasto di mezzogiorno il cardinale e Teresa si avviarono.
Una volta Bologna, per fortuna, le loro strade si divisero.

– “Ecco Teresa, siamo arrivati al mercato fatti trovare qui tra quattro ore e io verrò a prenderti”

Stavo pulendo fuori dalla locanda, quando vidi una donna un po’ affaticata corrermi incontro con dei sacchi pesanti in mano. Era Teresa, l’unica monaca che aveva a cuore Isabella. Ero in estasi quando mi spiegò il loro folle piano: finalmente qualcosa di diverso, finalmente potevo sentirmi utile per una mia amica e rimediare agli sbagli che avevo fatto in passato. Finalmente potevo aiutare un’amica che veramente mi voleva bene. Ero solo un po’ intimorita all’idea di andare in università, un posto molto lontano dalle mie corde. Dovevo fingere di essere interessata a un possibile impiego all’interno dell’edificio che fosse di competenza femminile. Una volta arrivata lì davanti, una grande porta maestosa si ergeva davanti a me, entrai e subito venni accolta da Carlo Alberto. Poteva sembrare un piccolo incidente di percorso questo incontro, invece fu proprio lui a procurarmi un alibi. 

– “Se non ti basta il lavoro alla locanda, puoi benissimo diventare anche la mia dama di compagnia, ne ho sempre voluta una”, disse ridendo.

Se questo era il prezzo da pagare per aiutare Isabella, mi andava più che bene.

Mi mandò giusto in biblioteca a cercargli dei libri, era troppo sfaticato per farlo da solo. In biblioteca incontrai proprio l’uomo che stavo cercando: Orsini. Gli raccontai dell’’operazione libertà’, così l’avevano soprannominata Teresa e Isabella. Libertà per Isabella, per Leonardo e per il loro amore. Orsini era molto gentile e disponibile al piano, non nego che fosse rimasto deluso da Isabella, ma col tempo aveva accettato quello che aveva fatto: “la sete di conoscenza non va mai disidratata”,  affermò lui. 

Mi raccontò anche di essere molto malato e che non sapeva quanto tempo gli restasse. Sapeva solo che voleva essere parte del piano. 

L’indomani sarebbe partito per il monastero, disse però che gli faceva strano che il cardinale Malatesta stesse aiutando il figlio di Giacomo degli Estensi dopo il loro ultimo incontro. C’era qualcosa sotto.

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