Isabella e Lorenzo: capitolo 9

L’amore per il sapere ed essere donna all’epoca di Isabella non erano due cose conciliabili. “Isabella e Lorenzo” è la storia di una ragazza vissuta nel 1300 che riuscì a sconvolgere ogni equilibrio, infrangendo regole e cuori.

di Francesca Bonazzi


Capitolo 9

Speranza


Ero rinchiusa come una principessa in una torre che attende il suo principe con un cavallo bianco, ma io non attendevo nessuno, o meglio, non avevo nessuna speranza in merito. Ero sola, abbandonata, nessuno mi avrebbe salvata. Il monastero era suddiviso in tre piani: al piano terra lungo il corridoio vi erano porte da cui si accedeva al refettorio, ad un salone di rappresentanza e alle latrine comuni. Dall’altro lato del corridoio correva una vetrata da dove si accedeva al cortile interno. Visto così, il monastero sembrava anche un bel posto in cui stare. Io, Teresa e la maggior parte delle monache stavamo al primo piano, dove un tappeto rosso scorreva lungo il corridoio spoglio e spesse assi di legno con guarnizioni di ferro battuto facevano da porte alle camere. Le camere erano spoglie come il corridoio, ma la mia no, era speciale. L’avevo resa io così. Nella mia cameretta c’era un meraviglioso armadio di legno con tanto di specchio, intorno alla cornice dello specchio avevo aggiunto delle decorazioni di carta a forma di farfalla che avevo ritagliato da bambina. Era l’unica eredità, oltre i soldi che avevo usato per l’università, che mi era rimasta dei miei genitori, visto che il resto l’aveva tenuto mia “zia”. Sulla scrivania avevo posizionato delle statuette di cera che avevo realizzato con rimasugli di vecchie candele. Sui muri grigi avevo disegnato con il pastello bianco dei fiori. Infine, sulla balaustra mettevo sempre delle ciotole per far mangiare e dissetare gli uccellini. Era sempre stato il mio rifugio in quel triste luogo, ma ora era diventata la mia prigione, anche perché la madre superiora, una volta che me ne ero andata, aveva buttato via tutto ovviamente. La stanza era tornata a essere grigia come il mio umore.

Il secondo piano, detto piano nobile, del monastero era tutt’altro che grigio. Statue, quadri, teche con gioielli preziosi e paramenti sacri abbellivano il corridoio e gli conferivano quell’immenso distacco rispetto agli altri piani. Di uguale c’era solo il tappeto rosso lungo il corridoio, che comunque era anch’esso più bello. Li alloggiava la madre superiora e poche elette. In più vi si trovava l’ufficio del cardinale Malatesta.


Il bosco si infettiva sempre di più, mi sentivo come un cavaliere alla ricerca del “vissero tutti felici e contenti”. La carrozza di Teresa sfrecciava davanti a me, stavo rischiando di perderla. Mi iniziavano però a calare le palpebre, e non capivo se la foschia fosse intorno a me o dentro di me. Non credo che mancasse tanto a destinazione, avevo cavalcato per ore. Ma a un certo punto, sentii il mio corpo scivolare dalla sella e mi ritrovai sul terreno inerme.


Attendevo la cena che mi avrebbe portato Teresa, ma quando arrivò quello che disse fu molto più importante del pasto.
– “Isabella cara, ho delle splendide notizie”, disse lei gioiosa
– “E cosa ci può essere di splendido?”
– “Sta arrivando” 
– “E chi?”
– “Ma come chi? Il tuo principe”

All’udire quelle parole balzai giù dal letto, avevo perfettamente capito di chi stava parlando. Non ci potevo credere! Come aveva fatto a convincerlo? Allora ci teneva ancora a me. 

– “E dov’è ora?” 
– “Era dietro di me, dovrebbe arrivare da qui a…”

L’idillio fu presto interrotto da una voce più amara del limone. Era la madre superiora che esordì: “Teresa! Non perdere del tempo, devi solo limitarti a farla sopravvivere non a chiacchierare.”
– “Mi perdoni signora, stavo solo chiedendo ad Isabella cosa preferisse per cena”
– “Non mi interessano le giustificazioni, dalle da mangiare quello che trovi perché abbiamo cose molto più importanti da fare. È stato trovato un giovane uomo svenuto nel bosco, pare che sia il figlio di un importante… Oh ma cosa sto qui a spiegare a te. Insomma muoviti! Massima discrezione”

All’udire quelle parole mi gelo il sangue, sapevo perfettamente chi era il giovane uomo che avevano trovato.


Mi svegliai con mille occhi puntati addosso. Quando riuscii a mettere più a fuoco, mi accorsi che si trattava delle monache e di un cardinale, ed era proprio lui: il cardinale Malatesta. Ne avevo sentito parlare dai racconti di Isabella. Ma qualcosa mi diceva che l’avevo già visto prima, non riuscivo a ricordare proprio dove. Le monache, in preda al panico, sussurravano nervosamente parole confuse. 

Una voce indistinta disse:  “dovete fare molta attenzione a curare questo giovane”. Anche qui qualcuno doveva sapere chi era mio padre, chissà se sapevano anche il delitto che aveva commesso, e se l’avesse commesso davvero. Mi sarebbe piaciuto saperlo anche a me.

Lascia un commento