Isabella e Lorenzo: capitolo 3

L’amore per il sapere ed essere donna all’epoca di Isabella non erano due cose conciliabili. “Isabella e Lorenzo” è la storia di una ragazza vissuta nel 1300 che riuscì a sconvolgere ogni equilibrio, infrangendo regole e cuori.

di Francesca Bonazzi


Capitolo 3

Leonardo


Ormai stavo iniziando ad ambientarmi e sentirmi parte di loro, che quasi mi stavo dimenticando come fosse essere una fanciulla, ma il sentimento per Leonardo me lo ricordava. Leonardo veniva da una famiglia con un certo prestigio, ma portava con sé degli oscuri segreti che, a mio malgrado, scoprii con il tempo: sua madre era morta appena dopo averlo dato alla luce e il padre aveva qualche vizietto nascosto che riusciva molto bene a non far emergere, fino ad allora.
Un giorno come tanti, a lezione del Maestro Anselmo Orsini, una persona nobile sia di famiglia che nell’animo, fu interrotto da Carlo-Alberto – il cinico, così lo chiamavo io dalla lezione su Platone e l’amore – che si rivolse a lui in modo pungente e saccente come al suo solito, ed io mi innervosii non poco. Una persona odiosa e piena di sé, per meriti non suoi ma tramandati da generazioni. Lui, per capriccio, aveva deciso di iscriversi alla nostra facoltà che tanto disprezzavano in famiglia. Non aveva niente che lo accomunasse con lo studio dei pensatori antichi, non aveva passione per la materia, anzi, quasi la disprezzava. Mi rendeva nervosa, lui voleva solo dimostrare che poteva fare tutto se lo decideva.
Carlo-Alberto era tutto l’opposto del dolce Leonardo, sia caratterialmente che fisicamente. Mi chiedevo come potessero condividere gli stessi spazi due personaggi così diametralmente opposti. Mi dicevo: “Il mondo è bello perché è vario, forse un po’ troppo vario”. Ragionandoci su, mi venivano in mente una serie di caratteristiche di entrambi che rafforzavano la mia tesi. Carlo sembrava un tronco, era alto sì, ma rachitico; mentre Leonardo era alto, spalle larghe e forzuto, sembrava sceso dall’Olimpo. Il primo aveva capelli color del carbone e il secondo li aveva dorati. Il cinico aveva degli occhi scuri e malvagi, il mio amato aveva degli occhi che sembravano una foresta incantata e mi ci perdevo dentro.
Durante questo flusso di coscienza, la lezione finì. Aspettavo Leonardo all’uscita dell’aula magna, come di consueto, ma nulla. “Magari è ancora dentro a parlare con il maestro Orsini”, pensai e invece mi ritrovai quello scorbutico di Carlo che, con tutta l’acidità che aveva in corpo, mi disse: “Il tuo amichetto se n’è già andato”.
Io alzai gli occhi al cielo e non diedi troppo peso alle sue parole. Pensai che forse, nella sua testa, in un modo tutto suo, volesse farmi il favore di avvisarmi che Leonardo fosse già uscito. Uscito? E andato dove? Perché non mi aveva aspettata? Era successo qualcosa? Avevo sbagliato qualcosa? O aveva solo qualcosa di più urgente da fare? Poco importava, però, perché nemmeno io potevo perdere tempo. Il denaro lasciatomi dai miei genitori stava finendo e dovevo trovare un modo per guadagnare. Ma come? In università non dovevano accorgersene, non potevo far capire di essere povera, o meglio, povero, per loro sono pur sempre un ragazzo.
Chiamai una carrozza e andai in piazza per farmi venire un’idea. La gente ballava, suonava, acquistava al mercato e andava alle locande a mangiare. Una giovane ragazza bruna stava servendo ai tavoli di una locanda, per l’appunto, e guarda caso, un cartello appeso all’entrata del locale recitava: “Cercasi cameriera di bell’aspetto”. E da lì mi venne l’idea. Iniziò definitivamente la mia doppia vita.
Avrei lavorato da donna e studiato da uomo. E amato da?

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