Isabella e Lorenzo: capitolo 2

L’amore per il sapere ed essere donna all’epoca di Isabella non erano due cose conciliabili. “Isabella e Lorenzo” è la storia di una ragazza vissuta nel 1300 che riuscì a sconvolgere ogni equilibrio, infrangendo regole e cuori.

di Francesca Bonazzi


Capitolo 2

Lorenzo


Finalmente ero arrivata a Bologna, il viaggio fu estenuante, e dovetti restare sveglia per capire quando sarebbe stato il momento di uscire dal mio nascondiglio. Per poco non rischiai di tornare indietro. La tensione era a mille, le mani formicolavano e mi tremavano le gambe all’idea di essere scoperta.
Non appena il cocchiere annunciò l’arrivo, sgattaiolai fuori prima che qualcuno venisse a prendere i bagagli. Iniziai a correre per smorzare questa forza interiore che provavo. A un certo punto mi fermai e mi ritrovai davanti all’Università di Bologna, tutti i miei sogni iniziavano ad avverarsi. Mi mancava solo una cosa una nuova identità. Dall’emozione avevo non pensato chi sarei stata una volta arrivata lì, con i risparmi mi sarei pagata l’Università, ma chi ero io? Qual era la mia storia? Come mi chiamavo?
Dei giovani uomini uscivano ed entravano da un mastodontico portone in legno, indossavano vestiti eleganti ma non sfarzosi, che si omologavano perfettamente, con quell’aria così seriosa che trasuda da essi. E poi c’ero io, vestita come in saltimbanco.


All’improvviso un ragazzo si avvicinò a me e la prima cosa che mi disse fu: “Ti sei perso fanciullo? Dov’è la tua mamma?”
Sembravo davvero così giovane?!
“Io in realtà sono qui per studiare, sono arrivat…o ora”. Mi dovevo ancora abituare ad utilizzare il maschile per riferirmi a me stessa.
“Mi perdoni sembra così giovane ed è vestito in maniera così…”
“…sgradevole”, completai io.
“Avrei detto particolare”, disse ridendo.


Rideva in un modo molto delicato, non voleva di certo schernirmi, era imbarazzato perché aveva sempre paura di fare brutta impressione o di essere scortese, ma non poteva farlo, non ne era capace. Il suo sorriso perfetto gli rendeva impossibile attuare qualsiasi forma di inadeguatezza o maleducazione. E non aveva solo il sorriso perfetto, i suoi capelli castano scuro erano così belli e folti e i suoi occhi erano coordinati al colore del cielo, un azzurro quasi grigio, glaciali, ed in essi mi ci perdevo. Stavo iniziando a provare qualcosa che prima avevo solo sentito nominare o sognato nei libri. Mi stregò all’istante.


“Ebbene posso sapere il nome del giovane uomo al mio cospetto?”, disse lui distogliendomi dall’incantesimo.
Timidamente risposi: “Ah si, certo, davanti a lei c’è Is-…Lorenzo”, era il primo nome maschile che mi fosse venuto in mente, quello di mio padre ed ero contenta di rappresentarlo.
“È un piacere fare la sua conoscenza, io sono Leonardo, se me lo concede possiamo smetterla con questi formalismi”
“Assolutamente, potremmo iniziare a salutarci come fanno due…amici”
“Perfetto, in qualità di amico ti consiglio di andare dal sarto prima d’entrar in facoltà”
“Certamente, essendo io nuov…o di qui mi potresti indicare dove si trova, e dovrei anche iscrivermi all’Università”
Con tutta la gentilezza della quale un essere umano può essere capace mi ripose: “Assolutamente, si da il caso che per oggi io abbia finito le lezioni. Andiamo prima che imbrunisca”


Passai la giornata più bella della mia vita, non avevo mai provato nulla di simile: una persona che si prende cura di me. Forse alla gli facevo pena, ero un ragazzo che non sa stare al mondo che vuole iniziare un percorso così tumultuoso, ma non importa perché si fosse avvicinato a me, rappresentavo per lui un anima da accudire, una sorta di fratello minore. E per me lui era un nuovo inizio. Andammo subito dal sarto e mi consigliarono il vestito più adeguato ai miei studi classici, lo pagai 50 denari. Fu l’inizio di un storia degna di essere narrata dai migliori poeti. Successivamente, Leonardo ed io salimmo in carrozza e ci dirigemmo verso le natio dei citramontani, dove si andava a iscriversi in base alla regione di provenienza.


Ero spaventata: non avevo lettere di raccomandazione, solo una sete di conoscenza e una disperata voglia di rinascere. Leonardo per fortuna ebbe l’idea di presentami come suo protetto, essendo lui figlio diretto del rettore, ma allora non me lo disse. Mi disse solo di non preoccuparmi e avrebbe pensato a tutto lui, disse solo di avere una grande influenza all’interno dell’Università. E così fece, gli bastò dire chi era e tutto di un colpo, ero dentro. Ce l’avevo fatta.


Mi era iscritta ad Arti Liberali, e di conseguenza avevo un alloggio, che la mia natio mi aveva procurato, entrai al Collegio di Spagna, dove stava anche Leonardo. Quando entrai fui meravigliata dalla magnificenza di questo luogo, fui impressionata anche nel vedere così tanti gentiluomini contemporaneamente, essendo io cresciuta con le monache. Riuscii ad ottenere, per fortuna, una stanza singola che si era appena liberata, dissi di soffrire di insonnia. Non potevo di certo permettermi di farmi scoprire. Mi rifocillai con una zuppa, preparata dalla cambusa, fu l’unica volta che la trovai buonissima, avevo troppa fame. Successivamente mi ritirai in camera e caddi in un sonno profondo, rimembrando la faticosa ma splendida giornata.
Con immensa felicità il mattino dopo andai a lezione di filosofia, ero contenta fosse proprio quella la mia prima lezione universitaria, e poi a lezione c’era anche il mio nuovo amico, guarda caso facevamo la stessa facoltà. La lezione verteva sull’amore in Platone.


Il maestro dopo un’illuminata spiegazione concluse: “Platone ci racconta il mito della biga alata, dove l’anima è un cocchio trainato da due cavalli, uno bianco e nobile, l’altro nero e selvaggio. L’auriga, che rappresenta la ragione, deve guidare i cavalli verso il cielo, verso il mondo delle Idee. L’amore è la forza che spinge i cavalli verso l’alto, ma se l’auriga non è abbastanza forte, il cavallo nero lo trascinerà verso il basso, verso i piaceri terreni.”
Uno studente, con un tono arrogante, disse: “Maestro, mi perdoni, ma non trovo diletto nel parlate d’amore, in quanto non ci vedo un utilità. L’uomo ha la funzione di erudirsi e sfamare la sua famiglia, la donna serve per continuare la specie e per badare alla prole. In tutto ciò l’amore non trova spazio”.
Il Maestro affranto lo corresse: “Un uomo per erudirsi ha bisogno di una musa da cantare. E non solo di concretezza è fatta la vita. Ricordate, giovani miei, l’amore platonico non è un amore impossibile o irraggiungibile. È un ideale, un modello a cui aspirare. È un invito a elevare i nostri cuori e le nostre menti verso la bellezza eterna, verso la verità e la virtù”. La lezione terminò.


Quello che avevo sempre sognato si era realizzato, quel che ancora era più bello, il fatto di aver qualcuno con cui condividere la mia passione per i testi classici, la storia e la filosofia. Leonardo era la persona perfetta per tutto ciò, un compagno di simposi. Ma il lato triste stava che in me stava nascendo qualcosa che dovevo reprimere, in quanto non potevo svelare di essere donna.
Altro che amore platonico, qui non c’era davvero spazio per amare.

Lascia un commento