Hector Leoni dimostra come le scelte fatte in passato non debbano per forza dettare il nostro futuro. Nonostante la scelta di frequentare il liceo scientifico, Hector si butta sulla letteratura, dando vita ad un elaborato ispirato dal suo artista preferito e dalla mitologia greca.
Hector Leoni nasce a Milano nel 2001 con una passione innata per la scrittura e lettura, iniziata attraverso un grande classico per ogni bambino: Topolino! Eppure, il suo percorso non è stato sempre lineare. Prima di abbracciare completamente il mondo delle parole e dei fumetti, si è avventurato in un ambito quasi opposto.
Al momento di scegliere la scuola superiore, opta per il liceo scientifico, nonostante i numeri non siano mai stati il suo punto di forza. Insoddisfatto dei risultati scolastici, soprattutto in matematica, sente il bisogno di esprimersi in modo più creativo, trovando nella scrittura il suo spazio di libertà. Oggi, oltre a proseguire gli studi universitari, scrive per blog e redazioni online, esperienza che lo ha portato al suo attuale ruolo di copywriter. Attualmente, per dare davvero forma al suo percorso, Hector sta tornando alle origini, riscoprendo il suo amore per i fumetti, lasciandosi guidare dalla sua più autentica passione.
Il testo che Hector ha scelto di presentare al pubblico del nostro magazine si intitola Icaro al chiaro di luna. Si tratta di un elaborato nato come esercizio per un corso di scrittura creativa che Hector ha frequentato nel 2024. Con questo scritto, Hector ha voluto rendere omaggio a uno dei suoi artisti preferiti, Rancore, e in particolare al suo album Xenoverso. Quest’ultimo si apre con Ombra, un brano che esplora il confine invisibile tra due dimensioni: l’Universo, a cui appartiene il nostro corpo, e lo Xenoverso, il dominio delle ombre.
In questa traccia, Rancore sfida la percezione tradizionale delle ombre, suggerendo che non sono semplici proiezioni del nostro mondo, ma entità dotate di coscienza, emozioni e una propria realtà indipendente. Ciò che vediamo sarebbe solo un riflesso alterato della loro vera natura. Nel brano, è l’ombra stessa a prendere la parola, esprimendo il proprio punto di vista e descrivendo come vive il legame con il suo alter ego umano. Racconta esperienze quotidiane per noi comuni, ma che per le ombre risultano intense e traumatiche.
Hector, invece, ha scelto di ribaltare questa prospettiva, mettendo in luce la forza che l’ombra trae dal suo essere nascosta. Come sottolinea Hector: “In assenza di luce, i confini si fanno meno marcati e l’ombra può vagare. Trae la sua forza isolandosi dagli altri elementi, ma non ci abbandona mai”. Questa idea si riflette nella figura di Icaro, rappresentato come un’ombra proiettata dal chiarore lunare. A differenza del mito classico, dove Icaro vola con ali di cera solo per precipitare, la luna non si schianta mai, perché non ha mai spiccato il volo. È costretta ad osservare il cielo senza poterlo sfiorare. Questo Icaro lunare ci guida nelle nostre avventure diurne, sostenendoci nel momento in cui scegliamo di restare con il suo riflesso sulla luna, accompagnandoci nella soglia tra reale e ipotetico.
Tu non ti ricordi di me, ma io sì. Sono il tuo primo e ultimo ricordo. Il tuo cavaliere, chiudo sempre per te la porta, che sia con un sospiro di sollievo o uno sbuffo di rabbia.
Non provocarmi, perché ogni ponte che brucerà alle tue spalle sarà opera mia. Sappi che però, nel bene e nel male, mi tufferò con te nell’abisso dopo il tuo ennesimo buco nell’acqua.
Eccoti, in apnea tra le mie braccia. Sono sempre tutti stanchi e infreddoliti al mio arrivo, ma tu no. Per te sono una ventata d’aria fresca quando è tutto arido, la scintilla che sei troppo timido per portare sotto i riflettori, ma che ti accompagna quando ti addentri nei cunicoli della mente.
Senza nessuno a svegliarti hai passato troppo tempo steso sotto queste conifere. D’altronde, io ero
impegnato a nascondere col mio manto il pianto vergognoso dell’ardente tiranno. Ora ogni ramo è un canino appuntito, e l’ululato del vento fa venire la pelle d’oca.
Il tuo volto pallido parla chiaro: sei preda del dubbio.
Cerca rifugio nella labirintica culla dell’umanità, senza paura di seppellire la testa nel più fertile dei terreni, ma non ti basterà scavare sei metri per trovare la verità.
Più imiterai Verne e Jung, più sentirai il cuore di Gaia pompare il suo bollente sangue. Non berlo, non ti farà sentire meno abbandonato a te stesso. Il suo cuore è freddo, e quando te ne accorgerai oh preda del dubbio, implorerai all’ardente tiranno d’importi la sua verità.
Ti attenderà all’uscita di questo dedalo e inizierà a colpirti attraverso le crepe e le piaghe della tua
roccaforte, ma non ti lascerò solo.
Quando sarà all’apice delle sue forze tu coprilo con un dito e io, il Cavalcamuri, t’insegnerò a sfumare i tuoi confini e cambiare forma. Non come la volubile acqua o l’impositiva fiamma, ma come un titano di mezzogiorno.
E quando rivorrai i tuoi veri colori appicca un falò alle tue convinzioni e rifletti nel tuo volto incenerito.
Allora e solo allora potrai fare tua questa parossistica verità.
A te che hai capito come coprire il Sole con un dito, ma cerchi ancora l’illuminazione, dico: Jung pensa io sia il male assoluto perché ti ancoro al suolo? Solo io posso tenere il suo passo! Abbraccia il mio regno privo di orizzonte, dove la testa tocca il cielo senza essere tra le nuvole.
E quando sarà giunto, io sarò cascata nera sulle terre bianche, un angelo caduto nell’angolo buio della tua camera bianca e finalmente potrai rivolgerti a me col mio vero nome: l’Icaro del chiaro di Luna.
“Guarda sempre in alto, è questo il segreto della vita. Grazie per avermelo insegnato mamma.” – Hector Leoni
